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L’acqua è l’elemento fondamentale per qualsiasi essere, figuriamoci per le piante acquatiche. A volte però non basta pensare che sia necessario solo fornire acqua pura, ovvero avere la concezione chimica dell’acqua come H2O, molecole di idrogeno e ossigeno. L’acqua che inserirete nel vostro acquario sarà molto di più. Dovete quindi prendere coscienza che non esiste un concetto unico di acqua e dovrete quindi riprodurre quella che più si avvicina alle esigenze delle vostre piante e dei vostri pesci. Infatti a seconda delle situazioni l’acqua potrà essere dura o tenera, acida o alcalina, e soprattutto piena di nutrienti o povera, con presenza di molti batteri, sia nocivi che benigni, avere molti sali o esserne povera, presentare molte sostanze inquinanti oppure poche. Come vedete esistono molte tipologie di acqua e solo superando lo stereotipo che potremmo avere prima di avvicinarci a questo fantastico hobby, riusciremo ad avere i risultati che ci aspettiamo. Senza contare che esistono altri diversi fattori chimici che incideranno man mano su eventuali variazioni delle caratteristiche di partenza. Il segreto sarà quindi quello di trovare il giusto equilibrio di fattori che vi consenta di avere pesci e piante in salute ed esteticamente appaganti. Per questo motivo conoscere i sistemi di filtraggio e quindi di gestione dell’elemento fondamentale del vostro acquario è importantissimo. Non dimenticate che un acquario è semplicemente acqua con del vetro intorno e mai il contrario. Al di là delle differenze che potrete incontrare allestendo acquari di particolari biotopi, in realtà esistono delle regole generali applicabili a qualsiasi livello e dimensione. Ed è proprio queste regole che cercherò di spiegarvi.
Il filtraggio
Chiariamo subito che in acquario potete utilizzare tre sistemi principali di filtraggio: meccanico, biologico, chimico. In tutti i casi l’obiettivo è quello di rimuovere delle sostanze inquinanti che prima o poi rischierebbero di minare la salute di pesci e piante inesorabilmente. In natura il problema non esiste, in quanto la vegetazione con l’aiuto dei batteri e altri organismi detrivori riescono in maniera egregia a eliminare gli inquinanti prodotti dalle feci dei pesci o altri organismi marcescenti in acqua. In acquario, ovvero in un sistema chiuso, il discorso è un po’ diverso e quindi esiste la necessità di potenziare questa attività filtrante mediante delle tipologie di filtraggio ormai diffusissime.
Il filtraggio meccanico consiste nell’eliminazione fisica di tutta una serie di particelle sospese in acqua che tra l’altro rischia di minare anche l’equilibrio estetico dell’allestimento. In effetti non è la miglior cosa vedere numerose particelle di detriti vari vagare per la vasca magari beccati qua e là dai vostri amici pesci. Ma al di là dell’effetto antiestetico, la loro presenza rischia di provocare danni consistenti alle piante, soprattutto quelle a foglie sottili. Infatti una volta depositati sulla superficie delle foglie non permetterà a queste ultime di catturare la luce attraverso la clorofilla e quindi ridurrà di molto la capacità della pianta di fotosintetizzare. L’attività di rimozione di queste particelle avviene mediante filtrazione meccanica, ovvero attraverso spugne o lana di perlon situata all’interno del filtro nell’alloggiamento predisposto. In genere sono sistemi molto efficienti per lo scopo e riescono a trattenere molti residui. Ad intervalli precisi tali supporti vanno rimossi dal filtro e puliti accuratamente in acqua di scarto dell’acquario in modo da non uccidere le colonie batteriche che comunque si annidano tra loro. Solo quando sono diventate davvero vecchie le spugne devono essere sostituite, mentre i batuffoli di lana di perlon vengono sostituiti molto più frequentemente. Non sottovalutate l’importanza di questo tipo di filtraggio: spesso rimuovere elementi di piante in marcescenza o altri detriti molto inquinanti vi aiuterà molto a mantenere costante la salute dell’intero sistema acquario. Inoltre applicate regolari cambi di acqua: anche essi sono una sorta di rimozione meccanica di sostanze inquinanti.
Il filtraggio biologico è senza dubbio quello più importante anche se lo è più per i pesci che non per le piante. Alla base di questa tipologia di filtraggio risiede la capacità di organismi viventi come i batteri di trasformare delle sostanze tossiche che inevitabilmente si formano in acquario in altre meno tossiche e quindi sopportabili dai pesci. Quando poi applichiamo il cambio d’acqua portiamo via anche quest’ultime o almeno le riduciamo di molto. Comunque i batteri si annidano di solito nei famosi canolicchi o altri materiali che vengono inseriti nel filtro per permettere la loro proliferazione. Quando abbiamo colonie efficienti di batteri di solito affermiamo che il filtro è maturo: in questo caso sappiamo che i nostri amici invisibili riescono a trasformare l’ammoniaca e l’ammonio, che sono sostanze nocive, in nitriti. A loro volta altre tipologie di batteri riescono a trasformare i nitriti in nitrati che sono sostanzialmente una sostanza meno tossica rispetto alle altre. È grazie a questa azione validissima dei batteri che possiamo permettere ai pesci di sopravvivere in un ambiente chiuso come l’acquario. Sebbene abbia più volte ribadito che questo filtraggio è fondamentale per i pesci, bisogna sottolineare che a volte lo è anche per le piante. Non dimenticate che l’ammoniaca può essere molto nociva per molte specie di vegetali e quindi i batteri vengono anche in loro aiuto. A volte poi, quando l’ammonio è maggiore rispetto all’ammoniaca, sono le stesse piante che svolgono la maggior parte del filtraggio biologico rimuovendolo dall’acqua. Ecco perché le piante non sono solo un ottimo richiamo estetico per l’acquario, ma anche un elemento validissimo per la salute dell’intero sistema.
Ciclo dell’azoto
Il filtraggio chimico Un discorso diverso merita il filtraggio chimico. Esso avviene per mezzo di determinati materiali, come il carbone ad esempio o varie resine, che sono in grado di assorbire delle sostanze inquinanti e quindi eliminarle dall’acqua. Tuttavia, questi materiali assorbenti, hanno la caratteristica di eliminare oltre i nitriti e i nitrati, anche alcune sostanze utili alle piante come molti nutrienti. La validità di questo sistema di filtraggio viene in soccorso quando ad esempio si è effettuato un trattamento chimico anti alghe o qualche antiparassitario per malattie dei pesci: in questo modo le sostanze nocive ancora presenti in acqua dopo il trattamento verranno assorbite e rimosse. Da qui se ne deduce che non è un sistema di filtraggio da applicare sempre nel filtro, ma solo occasionalmente, magari nelle vicissitudini descritte sopra. È quindi un filtraggio temporaneo.
I filtri per l’acquario
Esistono diverse tipologie di filtri per acquari, ognuno ben proporzionato alle dimensioni della vasca a cui viene associato. La prima distinzione che vi troverete difronte riguarda il filtro interno o quello esterno. Il primo è una sorta di scatola in plastica a tre scomparti inserito all’interno della vasca, dove di solito viene alloggiato un termo riscaldatore per la temperatura, al centro invece viene collocato il materiale filtrante meccanico e subito dopo il materiale biologico, ed infine al terzo viene posizionata la pompa di ricircolo. Quello esterno invece, funziona quasi sempre con la presenza di un comparto di spugne come materiale filtrante meccanico, e molti cestelli per ospitare il materiale biologico. Di norma essendo esterni non occupano spazio all’interno dell’acquario, come accade per quelli interni, e quindi l’effetto estetico dell’acquario nel suo complesso è senza dubbio migliore. Inoltre, essendo non limitato dalle dimensioni o le misure della vasca, può assumere dimensioni più consistenti e quindi un’attività filtrate maggiore. In ogni caso entrambi funzionano col medesimo sistema: la pompa di ricircolo genera un flusso di acqua che entrerà nel primo stadio di filtrazione meccanica per poi attraversare quello biologico dove i batteri svolgeranno il loro dovere, per poi riuscire dal getto della pompa purificata dalle sostanze inquinanti. Personalmente ho utilizzato per i miei acquari entrambi le tipologie di filtro e posso dirvi che la scelta dipende da vari fattori. Sicuramente il fatto di non avere strumenti in vasca che occupano spazio e tolgono litri di capienza è un bel vantaggio. Inoltre i filtri esterni danno la possibilità di intervenire in maniera più “pulita” nelle opere di manutenzione essendo facilmente rimovibili e spostabili in apposite sedi di pulizia. Inoltre il fatto di intervenire esternamente rende l’operazione meno invasiva nei confronti della vasca. In ogni caso, se organizzati bene e puliti regolarmente secondo le tempistiche giuste, sia gli uni che gli altri svolgono egregiamente il loro scopo.
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Le piante come filtri
Anche le piante partecipano, come già detto, all’attività di filtraggio. Sebbene vengano viste spesso solo come una componente estetica, in realtà offrono molte altre garanzie in materia di eliminazione di sostanze tossiche per i pesci e gli alti abitanti dell’acquario. Infatti le piante eliminano nitrati, ammonio, e tutti i metalli pesanti come il rame che può accumularsi nella nostra vasca magari a seguito di trattamenti chimici. Poiché come sappiamo non riescono a regolare la fotosintesi in termini quantitativi, spesso il loro inserimento funge proprio da eliminazione di sostanze nocive. Nella realtà un acquario che prevede una fitta vegetazione, oltre che molto spettacolare, è senza dubbio più salutare in ogni occasione e non solo dopo i trattamenti chimici. Le piante diventano una sorta di secondo filtro naturale e migliorano la salute dei pesci e la qualità dell’acqua. Tutto questo a patto di fornire loro le condizioni ideali di salute e riproduzione. Onestamente non riesco a concepire un acquario senza la presenza di piante, a patto che non sia un Malawi, consiglio sempre e comunque la progettazione per la loro presenza.
La durezza dell’acqua
Per quanto riguarda le caratteristiche principali dell’acqua, abbiamo già accennato ad una prima distinzione, ovvero quella relativa all’acqua dura o tenera. Questa distinzione fa riferimento alla presenza o meno di sali minerali come magnesio e calcio. Quando la loro concentrazione è elevata l’acqua si definisce dura e solitamente ha un ph piuttosto elevato. Al contrario, quando la loro concentrazione è ridotta, avremo un’acqua tenera. Nel primo caso l’acqua di solito possiede molti più nutrienti di un’ acqua tenera, ma nello stesso tempo avrà concentrazioni di anidride carbonica abbastanza basse. In acqua tenera accadrà il contrario, con concentrazioni di anidride carbonica a farla da padrona rispetto ai nutrienti. Cercate quindi di scegliere le piante in base alle loro preferenze rispetto all’acqua che andrete a produrre o a disporre: alcune preferiscono acque dure, altre tenere. C’è però da dire che se disponete di un’acqua mediamente tenera e somministrate anidride carbonica aggiuntiva la maggior parte della piante tropicali si adatterà perfettamente a queste condizioni e prolifererà senza problemi.
Acidità e alcalinità
L’acqua oltre che dura o tenera è anche acida o alcalina. Per capire la differenza tra queste due tipologie, dobbiamo considerare il fatto che essa è composta da ioni di idrogeno carichi positivamente e ioni ossidrili carichi negativamente. Quando prevalgono gli ioni di idrogeno l’acqua è acida, mentre nel caso opposto è alcalina. Quando gli ioni sono in perfetto pareggio l’acqua viene definita neutra. Solitamente il ph misura proprio questi valori e stabilisce se l’acqua è acida o alcalina: il tutto avviene su una scala che va da 1 a 14 con 7 come valore neutro. Tutti i valori superiori al 7 saranno valori alcalini e quindi con ph alto, mentre tutti quelli inferiori saranno valori acidi con ph basso. Ovviamente dobbiamo conoscere quali pesci andremo ad inserire in vasca per sapere se i nostri valori sono idonei o meno, nel senso che se inseriremo dei ciclidi africani sappiamo che dovremo avere dei valori alcalini con ph elevato, mentre il discorso cambia se andiamo ad inserire Discus (che poi sempre ciclidi sono) che hanno bisogno di valori acidi. In ogni caso la maggior parte dei pesci tropicali vive in valori di ph compresi tra 5 e 9 e difficilmente riesce a farlo in valori superiori o inferiori a questo intervallo. Poi ovviamente tutto dipende dalla specie che intendete allevare. Comunque tenete conto che l’acidità dell’acqua e quindi il valore del ph è strettamente correlato con la presenza di anidride carbonica nell’acqua, la quale producendo acido carbonico abbassa il ph. Questo significa che più l’acqua è acida e quindi il ph basso e più la concentrazione di CO2 disciolta in acqua è superiore. Questo porterebbe alla conclusione che un’acqua acida è preferibile per un acquario di piante e in parte è vero, ma anche qui dovete distinguere le esigenze da specie a specie. Fate invece molta attenzione alle oscillazioni diurne e notturne che possono verificarsi a livello di ph nell’acqua acida: il potere tampone dei sali di calcio e magnesio è molto inferiore e quindi il ph con la CO2 prodotta dalle piante tende ad abbassarsi pericolosamente. Per questo la tecnologia ci viene incontro fornendo ottimi strumenti, come il phmetro, che ci consente di evitare queste oscillazioni dosando nel modo giusto la concentrazione di CO2. Al contrario, in acque dure e quindi alcaline, grazie alla presenza di molti sali il ph tende a rimanere costante e l’erogazione di CO2 non riesce ad acidificare l’acqua così tanto da far abbassare il valore di ph e quindi generare pericolose oscillazioni. Queste oscillazioni in effetti possono essere pericolose sia per i pesci che per le piante, anche se a dire il vero, devono verificarsi in maniera molto consistente per creare problemi seri.
Le oscillazioni diurne
Al di là della premessa del paragrafo precedente addentriamoci maggiormente nella spiegazione delle oscillazioni diurne e notturne che avvengo nella scala di ph nel nostro acquario. Sappiamo che durante le ore di luce le piante effettuano la fotosintesi clorofilliana, ovvero consumano anidride carbonica e rilasciano ossigeno come sostanza di scarto. In contemporanea avviene anche il processo di respirazione che però consuma meno ossigeno di quanto non ne venga prodotto ed avviene a velocità ridotta rispetto alla fotosintesi. La conseguenza è un abbassamento notevole della presenza di acido carbonico nell’acqua e il legamento di alcuni minerali ad opera dell’ossigeno: il che comporta inevitabilmente un aumento progressivo del ph fino a valori alcalini. Ma le piante consumata la riserva di anidride carbonica presente in acqua inizieranno a ricercare il carbonio scindendo i bicarbonati. Diminuiscono così i sali con la conseguenza che l’acqua diventa più tenera. Quindi durante il giorno entrambi i processi determinano un’acqua con ph elevato e quindi alcalina e con durezza ridotta. Durante la notte il discorso cambia e si ottiene l’effetto inverso. Infatti nelle ore di buio le piante smettono di fare la fotosintesi e quindi non consumano più anidride carbonica, mentre invece continuano a respirare insieme a pesci e batteri. I livelli di ossigeno si abbassano inesorabilmente e invece aumentano i livelli di anidride carbonica disciolta a causa appunto della respirazione degli esseri. Quest’ultima va a legare i minerali presenti, formando i bicarbonati e quindi aumentando la durezza dell’acqua, e nello stesso tempo lega anche i composti organici formando acido carbonico che come effetto ridurrà il ph rendendo l’acqua più acida. Come vedere avviene l’inverso di ciò che accade il giorno. Queste oscillazioni sono fisiologiche e avvengono sia in natura che in acquario: ma in quest’ultimo caso l’acquariofilo può somministrare dosi aggiuntive di CO2 con la conseguenze che le piante avranno sempre a disposizione l’anidride carbonica necessaria alla fotosintesi e quindi non ridurranno mai la durezza dell’acqua. Rimane però il problema delle oscillazioni di ph che comunque possono verificarsi: ma l’uso di una sonda con misurazione continua e un phmetro collegato al sistema di erogazione della CO2 renderà possibile somministrare il tutto solo quando è necessario in modo da mantenere più costante possibile il ph (date un’occhiata all’articolo nella sezione La Tecnica in acquario del sito). Questa a mio avviso rimane la soluzione ideale.
Il controllo dell’acqua
Ovviamente è prassi consolidata e buon costume verificare sempre i valori della nostra acqua in quanto solo avendoli costantemente sotto controllo sarà possibile evitare altre tipologie di problemi. Oggi esistono molti test specifici per qualsiasi valore volessimo misurare. Molti sono raccolti in kit abbastanza completi che di solito comprendono: test del ph, test del kh (durezza carbonatica), test del gh (durezza totale), test del ferro, test dei fosfati, test ammonio, test nitriti, test nitrati. Tutti questi test si basano su campioni di reagente che a contatto con l’acqua, raggiunta una certa concentrazione, varieranno di colore dandoci la posizione nella scala dei valori indicata nelle confezioni. Sono sistemi semplici da usare e abbastanza precisi: si inserisce un campione di acqua dell’acquario nella provetta e si procede come già detto. Ad esempio se volessi misurare il kh della mia acqua, quindi la sua durezza carbonatica, posso osservare che dopo le prime gocce l’acqua si colora di azzurrino. Se dopo 4 gocce di reagente il colore vira in giallo significa che avrò un valore di kh di 4. Tutti gli altri test seguono bene o male la stessa procedura, a meno che non ci affidiamo alle famose strisce che misurano in un’unica volta tutti i valori menzionati. Onestamente non le ritengo così precise e attendibili come i test individuali. Certo, potete anche acquistare dei test elettronici, che vi consentono di immergere costantemente delle sonde nell’acquario e monitorare di continuo quel preciso valore, ma considerate che ogni tanto le sonde vanno ritarate e il costo è sicuramente molto superiore ai test per reagenti. O in un modo o nell’altro, l’importante è che teniate sotto controllo determinati valori, perché solo così avrete il controllo della vasca.
Alterare le condizioni dell’acqua
Una volta acquisiti tutti gli elementi necessari relativi alla conoscenza dell’acqua del nostro acquario, sicuramente abbiamo a disposizione molti elementi per alterare o meno le sue condizioni di partenza. Va detto comunque che è più o meno facile ottenere acqua dura o tenera a seconda delle situazioni, mentre è un po’ più complesso ottenerne acida o alcalina a seconda delle esigenze. Per quanto riguarda l’acqua di partenza, di solito va benissimo quella del nostro rubinetto: ma tenete conto che le caratteristiche variano a volte anche di molto da paese a paese e dipende molto anche in che modo viene trattata dalle singole reti idriche. In ogni caso analizzare prima la propria acqua di partenza non sarebbe male e ci darebbe maggiore consapevolezza di ciò che inseriremo in acquario. La prima cosa sicuramente da fare è rimuovere tutta una serie di materiali inquinanti come il cloro che di solito vengono aggiunti all’acqua di rubinetto. Quindi l’acqua va trattata con del biocondizionatore, facilmente reperibile nei negozi di acquariofilia, che elimina le sostanze nocive e la rende utilizzabile nell’acquario. Successivamente possiamo scegliere se ottenere acqua dura e alcalina, o acida e tenera. Nel primo caso è abbastanza facile perché nel 90% dei casi l’acqua di partenza sarà già ricca di sali ed avrà un ph di per se elevato: ma possiamo aumentare queste caratteristiche introducendo in acquario delle rocce calcaree che cederanno sali nel tempo aumentando la durezza dell’acqua e aumentando il ph. Nel secondo caso, volendo ottenere acqua acida e tenera, la soluzione migliore secondo me è ripudiare composti chimici da versare in vasca e tagliare l’acqua di rubinetto con acqua osmotica. Quest’ultima ha un kh pari a 0 e si ottiene attraverso impiantini domestici che filtrano l’acqua in una membrana che trattiene tutti i sali e rilascia acqua pura. Tenete conto che tagliando l’acqua del rubinetto al 50% con quella osmotica ridurrete della metà la durezza di partenza. Così potete proporzionare la riduzione in base al kh che volete ottenere. L’acqua ottenuta sarà più acida e conterrà quindi una concentrazione di CO2 più consistente. L’alternativa per ottenere acqua tenera sarebbe quella di utilizzare la sola acqua osmotica, ma poiché è priva di sali e quindi non idonea alla vita, dovreste utilizzare dei sali minerali da aggiungere secondo dosi indicate per ottenere il valore di kh ricercato. Onestamente preferisco e applico il primo metodo. Come vedete ottenere acqua di un certo tipo o di un altro non è più un’utopia e con qualche accorgimento tecnico e naturale tutto diventa possibile in acquariofilia.