Indice
- 1 L’importanza dello schiumatoio nell’acquario marino
- 2 I sistemi di scarico
- 3 La vasca di raccolta o sump
- 4 I sistemi di filtrazione biologica
- 5 L’importanza delle integrazioni e l’utilità del reattore di calcio
- 6 Le pompe di movimento
- 7 I principali valori dell’acqua nell’acquario marino
- 8 Impostazione dell’acquario e scelta del tipo di allestimento
- 9 Il denitratore
In questa guida spieghiamo come mantenere un acquario marino.
La guida non vuole essere tecnica ma, al contrario, alla portata del principiante che vuole “capire” senza entrare nel dettaglio della chimica, della fisica e della biologia.
Spero di riuscire in questo intento e resto a disposizione di chiunque volesse approfondire gli argomenti da un punto di vista più tecnico.
L’importanza dello schiumatoio nell’acquario marino
Quando sostengo che un acquario marino può richiedere, nella conduzione, meno impegno di un acquario di acqua dolce, molti mi guardano in modo “strano”.
A sostegno di questa tesi vorrei, prima di tutto, evidenziare una differenza sostanziale tra l’ambiente marino e quello dulcaquicolo: i fiumi, da cui provengono la maggior parte degli animali e delle piante destinati ai nostri acquari, sono soggetti, a seconda delle stagioni, a piene e secche che, come si può facilmente immaginare, comportano variazioni considerevoli delle condizioni dell’acqua. Per questo motivo gli organismi dulcacquicoli hanno sviluppato una relativamente grossa capacità di adattamento alle diverse condizioni.
Viceversa, un ambiente marino è estremamente stabile ed, inoltre, mentre gli invertebrati che vivono all’interno del reef hanno sviluppato la capacità di sopportare minime variazioni di condizioni, i pesci hanno la possibilità, vista la vastità e la profondità dell’ambiente in cui vivono, di “spostarsi” in zone o a profondità dove le condizioni sono, per loro, ideali.
Questa premessa dovrebbe rendere chiaro che il “segreto” per il buon funzionamento di un acquario marino è la qualità dell’acqua e la stabilità dei valori della stessa. La moderna acquariofilia marina offre un eccellente supporto tecnico all’acquariofilo, con una quantità e qualità di attrezzature che consente di attrezzare al meglio l’acquario, in base alle proprie esigenze, in modo da riuscire ad avere una grande stabilità di valori, tale da rendere un acquario marino ben stabilizzato e, spesso, più semplice da gestire di un acquario di acqua dolce.
Lo schiumatoio è al vertice della “classifica” in quanto è lo strumento principale di contenimento dell’inquinamento dell’acqua. Senza entrare in trattazioni tecniche, diremo che lo schiumatoio elimina, fisicamente dall’acqua, gran parte delle sostanze che si trsformerebbero naturalmente in ammoniaca, nitriti e, di conseguenza, in nitrati; inoltre elimina anche un’altra serie di sostanze dannose sia dal punto di vista biologico che estetico. E’ questo il motivo per cui la presenza dello schiumatoio è ritenuta, dai più, attualmente indispensabile per il buon funzionamento di un acquario marino.
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La trattazione di questo argomento è complessa ma ci si limiterà a dare delle idicazioni di massima, usando un linguaggio il meno possibile tecnico, in modo da essere comprensibile per il neofita.
Esistono vari tipi di schiumatoi, interni ed esterni, da posizionare in vasca o in un contenitore esterno. Questi schiumatoi (almeno quelli diffusi in Europa) sono, sostanzialmente, di tre tipi: a pietra porosa, ad iniezione e con un sistema a pompe separate per schiumazione e circolazione dell’acqua.
I modelli a porosa sono molto semplici, compatti, facilmente posizionabili in acquario, spesso economici. Hanno bisogno, per il corretto funzionamento, oltre che di un efficiente areatore, anche di due piccoli accorgimenti: un livello dell’acqua costante ed una frequente sostituzione della pietra porosa. Sono indicati, di solito, per vasche piccole.
I modelli ad iniezione sfruttano il sistema Venturi che consiste in una grossa pompa che inietta acqua ad una certa pressione in un tubo strozzato al quale è applicato un sistema Venturi. Grazie a questo sistema c’è una miscelazione dell’acqua con l’aria al momento dell’ingresso nel corpo dello schiumatoio. Pregio di questo sistema è l’economicità, ma richiede una pompa di grosse prestazioni (ed alto consumo). Il difetto principale è una grossa criticità della taratura ed una mancanza del mantenimento della stessa, quindi non c’è costanza di prestazioni.
Il modello di schiumatoio che preferisco è quello con pompe separate per schiumazione e circolazione. Questo sistema consiste in una pompa (piccola) che garantisce la circolazione dell’acqua all’interno del corpo dello schiumatoio ed un’altra pompa, modificata, che aspira l’aria, la emulsiona con l’aria all’interno della camera della girante e la “spara” all’interno del corpo dello schiumatoio. Il pregio maggiore di queste macchine è la facilità di taratura ed il mantenimento della stessa nel tempo. L’unico difetto è che la girante della pompa di schiumazione, girando in cavitazione, tende ad usurarsi con una certa frequenza e, quindi, richiede altrettanto frequenti sostituzioni (1-2 volte l’anno).
La maggior parte dei produttori di questi schiumatoi utilizza giranti cosiddette “a spazzola”; si tratta di giranti modificate con una specie di spazzola al posto delle palette, dettaglio che garantisce una ottima emulsione della miscela acqua/aria. Per contro c’è un costo molto elevato della girante. Altri produttori, ottimizzando la camera di aspirazione, sono riusciti ad utilizzare giranti standard garantendo comunque una perfetta emulsione della miscela acqua/aria, una perfetta dimensione delle bollicine, un costo di gestione molto basso (dato dal bassissimo costo della girante standard).
I sistemi di scarico
I sistemi di scarico, in un acquario marino, sono di tre tipi: overflow, tubo di scarico di superfice, pozzetto di tracimazione.
Questi tre sistemi funzionano sul principio del troppo pieno: solo l’acqua riportata in acquario dalla pompa di ritorno viene scaricata; se si ferma la pompa, si ferma anche la tracimazione evitando pericoli di allagamento.
Il pozzetto di tracimazione è, secondo me, un sistema un po’ antiquato: è rumoroso e sottrae volume utile alla vasca.
Il tubo di scarico di superfice è un semplice tubo che, attraverso il vetro inferiore o posteriore della vasca, arriva al pelo dell’acqua. E’ il sistema più semplice, più valido esteticamente, non sottrae volume alla vasca, è molto meno rumoroso (se ben realizzato) del pozzetto di tracimazione.
L’overflow è il sistema più complesso da realizzare, ma facilmente applicabile sul bordo vasca, senza forare i vetri. Se ben realizzato è il sistema più silenzioso in assoluto. Per contro è costoso ed esteticamente “ingombrante”.
Il sistema di scarico, comunque realizzato, deve garantire una portata d’acqua da un minimo di almeno il volume d’acqua della vasca in un’ora ad almeno tre volte.
La vasca di raccolta o sump
La vasca di raccolta (o sump come oggi definita), in realtà nasce dal concetto di funzionamento delle vasche di decantazione.
Di solito sono costituite da una semplice vasca con un vano di scarico, un vano per lo schiumatoio, un vano di vera e propria decantazione in cui può eventualmente essere presente un filtro biologico (o in alternativa un semplice “percorso ad ostacoli” per consentire all’eventuale sedimento di depositarsi), un vano per il posizionamento della pompa di ritorno in vasca.
Di fondamentale importanza, per ottenere la decantazione dei corpuscoli in sospensione è che, nel vano di decantazione vero e proprio, l’acqua subisca un forte rallentamento.
Anche se sembra un oggetto molto semplice, la corretta progettazione di una sump può risolvere in modo egregio l’eliminazione del materiale in sospensione nell’acqua, evitando che questo ritorni in acquario. E’ per questo motivo che ogni costruttore propone soluzioni spesso anche molto diverse tra loro.
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I sistemi di filtrazione biologica
Faccio una premessa indispensabile: qualunque sistema utilizzeremo per l’allestimento dell’acquario, questo non potrà prescindere da un ciclo biologico di smaltimento e/o trasformazione degli inquinanti che si accumulano in acquario a causa della decomposizione della sostanza organica (prodotti del metabolismo di invertebrati e pesci, residui di cibo, ecc.).
Questo è il ciclo dell’azoto che viene svolto da batteri “specializzati” nella trasformazione della sostanza organica. Questi batteri sono presenti dappertutto: nel filtro interno come in quello esterno (di qualunque natura sia), nella “sabbia” del fondo, nelle pietre vive, sui vetri dell’acquario, ecc.
Il sistema più utilizzato per l’allestimento di un acquario marino, attualmente, è il sistema “berlinese”: questo tipo di acquario basa il suo corretto funzionamento sulla presenza di una grossa quantità di pietre vive (che svolge la principale attività biologica), coadiuvata da un sistema di illuminazione ad alta efficienza (lampade a vapori di alogenuri), un efficiente schiumatoio che elimina gran parte delle proteine prima della trasformazione delle stesse in ammoniaca (oltre a provvedere ad eliminare anche altre sostanze in sospensione).
Questo sistema di acquario ha solo il limite di consentire una popolazione di pesci piuttosto limitata (cosa che si scontra con le esigenze della maggioranza degli acquariofili, soprattutto neofiti).
Altro sistema piuttosto usato è quello di una stazione di filtrazione completa di un filtro percolatore. Questo consente, premesso un allestimento simile al berlinese, una più rapida trasformazione di ammoniaca e nitriti consentendo una maggiore presenza di pesci (si tratta di un sistema che consiglio, però per acquari già di una certa dimensione, con un volume d’acqua sufficiente a garantire un buono spazio vitale per i pesci ospitati).
Il sistema che, però, personalmente preferisco, è un allestimento “berlinese” con la presenza nella sump di un filtro a fogli: questo sistema di filtrazione (se realizzato con spugne posizionate in successione ed a minima distanza tra loro) è molto efficace e facilmente accessibile per la manutenzione, oltre a poter essere rapidamente eliminato per trasformare la vasca in un berlinese “puro”; inoltre, questo sistema, consente un rapidissimo avvio della vasca con maggiore soddisfazione dell’appassionato.
Una cosa piuttosto importante è quella di posizionare l’eventuale “modulo” biologico (percolatore o filtro a fogli, ecc.) dopo lo scarico dello schiumatoio: con questo piccolo accorgimento si invierà al filtro acqua già molto pulita ed ossigenata, con conseguente vantaggio per tutto il sistema.
L’importanza delle integrazioni e l’utilità del reattore di calcio
Di grande importanza, per il buon funzionamento di un acquario, sono le reintegrazioni degli elementi in traccia, calcio, magnesio, carbonati, ecc.
Questi elementi vengono a mancare per ossidazione o perché gli organismi stessi presenti in acquario li consumano utilizzandoli per il proprio metabolismo; quindi, come già detto, vanno reintegrati.
Esistono varie linee di integratori, prodotte da tutte le più importanti aziende del settore, oltre ad una serie di attrezzature specifiche che consentono di semplificare la vita all’acquariofilo più evoluto.
Questi prodotti contengono gli elementi in traccia, lo iodio, il magnesio, lo stronzio, i carbonati, il calcio, ecc. ed il mio consiglio è quello di cercare, nei limiti del possibile, di utilizzare i prodotti di una stessa linea, in quanto ogni azienda produttrice ha delle formulazioni specifiche, di solito realizzate per una perfetta integrazione tra un prodotto e l’altro. L’utilizzo di prodotti di aziende diverse potrebbe portare alla carenza di uno o più elementi, così come all’eccesso di altri. Altro consiglio è quello di cercare di non usare prodotti gluconati (potrebbero diventare responsabili di proliferazioni algali e cianobatteri).
Due degli elementi la cui carenza può portare ad un rapido degenerare della stabilità dell’acquario, e della salute dei coralli duri in particolare, sono il calcio ed i carbonati.
Per questi elementi si può verificare (in presenza di molte alghe calcaree e/o di molti coralli duri) una grossa difficoltà a mantenerne i valori corretti. Per questo motivo può essere interessante, specie in vasche con un volume dai 200litri in su, l’installazione di un reattore di calcio.
Questo strumento consente (grazie ad un sistema di funzionamento in teoria piuttosto semplice) di ottenere una buona stabilità di questi valori anche se, come molti erroneamente credono, non è utile per innalzarne i valori se non in misura irrilevante.
Una corretta gestione del reattore di calcio consiste nel portare i valori di calcio e KH ai livelli corretti (con gli integratori e/o con l’acqua calcarea) e, poi, tarare il reattore in modo da tenerli costanti.
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Le pompe di movimento
Nell’acquario marino, e soprattutto in uno allestito secondo il sistema berlinese, di importanza primaria è il movimento dell’acqua.
Al contrario di quanto fanno la maggior parte degli autori di pubblicazioni in materia, eviterò di fare affermazioni categoriche sulla portata di tale movimento d’acqua, in quanto sostengo che questo dovrà essere personalizzato, sia come intensità dei flussi che come direzione degli stessi, in funzione della “forma” che avremo dato alla barriera ed agli animali ospitati.
Premesso questo, è importante avere – oltre ad un forte movimento – una certa alternanza dei flussi tale da ottenere una pseudo-simulazione degli intervalli di marea. Si può ottenere questo risultato in due modi: il primo con un costosissimo sistema di quelli basati su un computer e pompe elettroniche; il secondo – quello che consiglio – basato su tre pompe tradizionali e due classici ed economici timers (oppure uno elettronico a due canali).
Il sistema funziona in questo modo: si monta una pompa, di portata non “esagerata”, al centro del vetro posteriore ed orientata verso il vetro anteriore, e si tiene in funzione 24/24 ore.
Poi si montano, collegate ai timers, due pompe di portata “sostenuta”, ai due estremi (destro e sinistro) sempre del vetro posteriore (qui interviene la “personalizzazione della direzione dei flussi in funzione della forma della barriera e degli animali ospitati).
Il funzionamento di queste due pompe, che definiremo pompa (1) e pompa (2), sarà gestito dai due timers secondo questo schema
pompa (1) | ||||
pompa (2) |
In questo modo avremo ottenuto 2 risultati: il primo è quello di simulare gli intervalli di marea e l’inversione dei flussi; il secondo quello di avere – grazie ai flussi alternati e contrapposti – un minore deposito di detriti su invertebrati e rocce.
Altra raccomandazione: poiché, spesso, l’inizio di proliferazioni algali coincide con l’accumulo di sedimento in particolari punti delle rocce e/o degli invertebrati, consiglio di eseguire, almeno settimanalmente, una “pulitina” alle rocce ed agli invertebrati utilizzando una pompa di potenza non elevata, il cui getto verrà manualmente orientato verso quei punti dove il sedimento, nonostante tutto, tende ad accumularsi. In questo modo riusciremo a tenere in sospensione il sedimento stesso, consentendo allo schiumatoio di eliminarlo fisicamente.
I principali valori dell’acqua nell’acquario marino
Il valore di pH
Il valore di pH indica se l’acqua è acida o basica. Il valore ottimale in acquario marino è tra 8,1 ed 8,3 (misurato al mattino prima dell’accensione delle luci e la sera prima dello spegnimento delle stesse).
In un acquario di barriera difficilmente avremo il problema di dover tenere il pH basso, bensì avremo il problema contrario, cioè quello di fare in modo che non si abbassi.
L’immissione di acidi organici (deiezioni dei pesci e degli invertebrati), l’accumulo di CO2 (dalla respirazione), il consumo dei carbonati, contribuiscono all’abbassamento del pH.
Un forte movimento dell’acqua (per favorire la dispersione di CO2), l’uso occasionale del carbone attivo (per adsorbire gli acidi organici), il mantenimento di un giusto valore di sostanze tampone (KH), contribuiscono a tenerlo alto.
Il valore di KH
Il valore di KH (durezza carbonatica), indica il contenuto di carbonati e bicarbonati, (sostanze tampone) in acquario. Questo valore si tiene stabile (o si aumenta) con appositi integratori, con l’uso di acqua calcarea, con un reattore di calcio.
Se l’alcalinità diminuisce, si verificheranno forti e pericolose variazioni di pH.
Il valore del KH, in acqua marina naturale è relativamente basso, ma qui non si ferificano le stesse situazioni che, invece, riscontreremo in acquario. Quindi è di fondamentale importanza, sempre in acquario, mantenere una buona “riserva” di sostanze tampone.
Il valore considerato “minimo” di sicurezza è di 8° dKH. Il notissimo autore Peter Wilkens, invece, consiglia una riserva “più corposa”, pari a 15-20° dKH.
A questo punto starà a noi scegliere di abbracciare una tesi piuttosto che l’altra.
Il calcio
Il contenuto di calcio nell’acqua marina naturale è di 420-450 mg/l.
Poiché il calcio è fondamentale nella costruzione degli scheletri dei coralli, nello sviluppo di molluschi, crostacei e finanche alcune specie di alghe, sarà importante mantenere anche in acquario questo valore quanto più possibile vicino a quello naturale.
Il valore del calcio andrà misurato frequentemente fino a quando il nostro acquario, stabilizzandosi, ci darà un’indicazione del consumo medio. Allora potremo rarefare i controlli, ma non le integrazioni.
Il magnesio
Il valore del magnesio, nell’acqua marina naturale, è molto alto: 1300-1350 mg/l.
Recenti studi hanno confermato l’importanza del magnesio in molti processi vitali di coralli duri e molli. Quando la concentrazione di magnesio è bassa, risulta impossibile mantenere la concentrazione di calcio e carbonati a livelli adeguati.
Risulta essere questo il motivo per cui si dovrà tenere questo valore il più vicino a quanto accade in natura, con frequenti controlli ed adeguate integrazioni.
Lo iodio
Lo iodio è presente, in acqua marina, in concentrazione di 0,05 mg/l.
Risulta essere provato che si tratta di un elemento di fondamentale importanza per i pesci marini (relativamente allo sviluppo dei cromatofori), per i crostacei (nel cambio di esoscheletro, la muta, in carenza di iodio questo non si indurisce in modo efficace); addirittura le gorgonie hanno una struttura di sostegno costituita prevalentemente da iodio.
Inoltre lo iodio è un ottimo disinfettante contro gli attacchi batterici dei coralli e di molte patologie dei pesci in genere.
Mentre se ne consiglia il controllo del valore e l’integrazione, si consiglia di sospenderne la somministrazione in caso di presenza di alghe infestanti.
Lo stronzio
Lo stronzio, in termini quantitativi, riveste fondamentale importanza nella costruzione dello scheletro dei coralli.
Risulta essere per questo che se ne consiglia il mantenimento del giusto livello in acquario.
Impostazione dell’acquario e scelta del tipo di allestimento
Quando si decide di dedicarsi all’acquario marino, la prima domanda che deve sorgere è, naturalmente, “come lo imposto dal punto di vista tecnico”?
La risposta a questa domanda deve essere chiara, in quanto l’allestimento di un marino non costa poco ed un errore di valutazione può portare a spendere danaro per attrezzature inutili, oppure ad attrezzare l’acquario in modo da non poter reggere il carico organico che si svilupperà, con conseguenti danni agli animali.
Quindi bisogna, prima di tutto, stabilire come si vuole popolare l’acquario; la tendenza di tutti gli acquariofili è verso il mini-reef (definizione generica che indica un acquario con tanti invertebrati e pochi e piccoli pesci). In questo caso la maggior parte degli autori consiglia un allestimento “berlinese”, basato sull’efficienza delle pietre vive nello svolgere le importanti e vitali funzioni biologiche.
Questo tipo di acquario prevede un allestimento particolare e non ci si può discostare da una serie di impostazioni di base:
-l’illuminazione: questa deve essere garantita da lampadine a vapori di alogenuri (per comodità useremo la denominazione commerciale Osram, cioè HQI), per garantire una buona ossidazione;
-la presenza di pietre vive: si consiglia la proporzione di 1 Kg ogni 4-7 litri di acqua dell’acquario; questo è un modo un po’ approssimativo per indicare il volume di pietre, in quanto il peso specifico delle stesse può essere molto variabile. Il mio consiglio è di occupare con le pietre dal 25 al 40% del volume della vasca, a seconda del tipo di struttura che si vuole realizzare;
-un efficiente schiumatoio: lo schiumatoio che io consiglio è una macchina a pompe separate
-una vasca di raccolta, meglio se concepita con il criterio della sedimentazione;
-un fondo si sabbia fine di 2-3cm (il berlinese non dovrebbe avere fondo, ma a me non piace);
-un buon “assortimento” di pompe di movimento.
Questo è l’allestimento di base di un berlinese; questo tipo di acquario, però, ha bisogno di tempi di maturazione piuttosto lunghi prima di poter essere popolato in modo soddisfacente (almeno 6 mesi).
Il popolamento deve essere effettuato, in linea di massima, seguendo questa sequenza: per primi gli organismi mangiatori di alghe (lumache, ricci, bavosette, ecc.); poi gli invertebrati (immessi poco alla volta, iniziando dalle specie più robuste, tenendo conto della posizione che dovrà essere possibilmente quella definitiva); qualche pesce, scegliendo tra quelli che restano di piccole dimensioni, che si nutrono prevalentemente di ciò che trovano in vasca o che richiedono minime immissioni di cibo.
Questo per mantenere un buon equilibrio tra ossidazione e riduzione dei nitrati, oltre a mantenere un valore di fosfati quanto più basso possibile.
Purtroppo, però, la maggior parte degli appassionati, pur affascinata dagli invertebrati, non riesce a fare a meno di pesci grossi e/o molto colorati, come gli acanturidi; queste “presenze” sbilanciano drasticamente l’equilibrio di un berlinese, rendendolo di difficile gestione.
Se, quindi, non si riesce a fare a meno di mettere in vasca pesci più grandi e/o in maggior numero rispetto a quanto “sopportabile” da un berlinese, bisognerà realizzare un acquario che io definisco “tecnologico”: senza prescindere dall’allestimento di base di un berlinese, bisognerà realizzare un impianto di filtrazione basato sempre su un efficiente schiumatoio, ma con il supporto di un modulo di filtrazione biologica, tipo filtro a fogli o percolatore; naturalmente qualunque altro sistema biologico potrà essere utilizzato, ma ritengo i due consigliati i migliori ed i più efficienti.
Il filtro a fogli è costituito da alcuni fogli di spugna posizionati in successione ed in modo da essere molto vicini tra loro; questo sistema garantisce una efficace filtrazione biologica, una ottima filtrazione meccanica e, spesso, anche una interessante riduzione dei nitrati. Inoltre questo tipo di filtro consente una interessante progettazione della sump.
Per contro ha il “difetto” di sottrarre parecchio ossigeno all’acqua, problema peraltro risolvibile con un buon movimento di superfice. Il percolatore, invece, non solo non sottrae ossigeno all’acqua, ma è anche più veloce nell’ossidazione delle sostanze azotate.
In entrambi i casi (e comunque sempre quando è presente un carico organico mediamente alto), è consigliabile l’uso di un denitratore. Questo perché, altrimenti, il valore di nitrati (NO3) sempre piuttosto alto genererebbe proliferazioni algali incontrollabili.
Del denitratore parleremo più dettagliatamente nel paragrafo successivo, ma è bene ricordare che è uno strumento praticamente indispensabile in questo tipo di acquario.
Altro parametro da tenere costantemente sotto controllo è il valore dei fosfati (PO4), altra causa di proliferazioni algali incontrollabili.
In ogni caso l’acquario tecnologico, come qualunque altro acquario, richiederà cambi d’acqua, anche se i valori dell’acqua apparentemente sembrano perfetti.
Il vantaggio dell’acquario tecnologico, rispetto ad un berlinese, è anche la possibilità di “svincolarsi” dall’uso delle HQI, in quanto la luce non riveste più un ruolo fondamentale nei processi biologici di ossidazione. Per questo è possibile, pur mantenendo un livello di illuminazione elevato, rivolgersi ai più tradizionali tubi fluorescenti.
Il denitratore
Il denitratore è una di quelle attrezzature per acquario di cui si discute, su cui si sentono pareri discordi, delle quali si mette in dubbio il funzionamento, l’efficienza, l’utilità! Certamente una delle meno conosciute.
Con questa guida vorrei cercare di fugare qualche dubbio sul funzionamento e sui “difetti” di questo oggetto, cercando di essere il più possibile comprensibile senza peraltro addentrarmi nei meandri della chimica (con la quale ho, in verità, poca dimestichezza).
Il mio primo denitratore lo costruii senza saperlo, Allestii, allora, la mia vasca più grande: una 200x80x60h mediterranea e realizzai, sul fondo della stessa, un sottosabbia di circa 3cm pieno di tubetti di ceramica, con sopra un fondo di gusci d’ostrica triturati; la circolazione d’acqua attraverso il fondo era assicurata da due tubi nei quali erano infilate altrettante pietre porose (allora si usava così).
Per anni quella vasca ha funzionato senza problemi ed anche – inspiegabilmente per me, all’epoca – senza traccia di nitrati! Posso dire, alla luce delle conoscenze ed esperienze successive, che quel fondo, con una circolazione dell’acqua costante ma lentissima, fungesse da denitratore.
E` altrettanto evidente che quel fondo, così casualmente dimensionato ed allestito, avesse trovato un equilibrio tale da non creare problemi; ma si trattò solo di un caso….
Torniamo al denitratore: il funzionamento di queste “macchine” è basato sulla capacità di alcuni batteri di utilizzare, in determinate condizioni, le molecole di ossigeno (O2) presenti nei nitrati (NO3) e di “lasciare libero”, quindi, l’azoto (N) che si libera nell’aria in quanto gas.
Ma quali sono le condizioni da ricreare per consentire a questi batteri specializzati di svolgere il loro lavoro?
Sostanzialmente una: la carenza di ossigeno!
I denitratori sono progettati in modo da offrire una vasta superfice disponibile per i batteri, un funzionamento con un minimo e lento passaggio d’acqua, ed un sistema di “somministrazione” di nutrimento. I nutrimenti sono normalmente a base alcoolica e/o a base di glucosio ed esistono sia in forma liquida che solida.
Un esempio di nutrimento solido è quello della Aqua-medic: delle palline dalla forma di bio-balls, ma di un materiale che pian piano si scioglie all’interno del reattore liberando nutrimento per i batteri; ha una durata di parecchi mesi, ma la sostituzione è molto macchinosa e soprattutto si forma, all’interno del denitratore stesso, una “tremenda pappetta” colorata!
Un esempio di nutrimento liquido, invece, è quello della Deltec: decisamente più “comodo” da gestire, viene immesso in un sacchetto costituito da una membrana semipermeabile; più “pulito” del nutrimento solido richiede, però, la sostituzione mediamente ogni 20-30 giorni.
Ho portato ad esempio questi due denitratori in quanto tra i più diffusi e quotati del mercato e certamente tra quelli che funzionano meglio.
Altra differenza di “progetto” è costituita dal ricircolo interno dell’acqua, presente nell’Aqua-medic e nel sistema piuttosto originale usato per il supporto batterico – spugne cilindriche – presente nel Deltec; avendo utilizzato entrambi i denitratori (ed avendo provato anche altri prodotti presenti sul mercato), dalle mie esperienze personali è risultato quanto segue
-il supporto batterico ideale è la bio-ball, in quanto si mantiene più pulita rispetto alla spugna e per un periodo decisamente più lungo;
-il nutrimento più efficace e “pulito” è quello liquido;
-il denitratore più efficace è quello con il ricircolo interno dell’acqua.
Ma torniamo al funzionamento del denitratore: per creare le condizioni di carenza di ossigeno, l’apparecchio viene “alimentato” goccia a goccia, ma con un gocciolamento abbastanza veloce, per dar modo ai batteri di “consumare” l’ossigeno presente e trasformare i nitrati, come si è detto, in azoto gassoso.
Un pericolo sempre presente nell’uso del denitratore è la comparsa di un forte odore di uovo marcio che stà ad indicare un ristagno d’acqua (o un passaggio troppo lento della stessa) con conseguente produzione di anidride solforosa e/o acido solfidrico, estremamente pericolosi (il secondo anche in tracce) se dovessero arrivare alla vasca.
Un accorgimento per evitare questo pericolo è l’uso di un redox-controller; questo strumento ci consentirà una automatizzazione del funzionamento del denitratore rendendolo molto più efficiente ma evitando, al contempo, che il potenziale redox scenda troppo, innescando i pericolosi fenomeni precedentemente illustrati.
L’uso del redox-controller è maggiormente efficace con l’uso di denitratori a ricircolo interno, in quanto consente una “lettura” del valore del redox più realistica e precisa.
Una raccomandazione a chi già possiede un denitratore o dovesse avere intenzione di munirsene: questo strumento, quando efficace, ci terrà sempre i nitrati a livelli non misurabili; questo porta istintivamente ad allungare gli intervalli tra i cambi d’acqua, sottovalutando l’accumulo di altre sostanze dannose come i fosfati ed altri elementi non misurabili.