L’ambiente delle paludi del sud est asiatico è sicuramente uno dei miei preferiti. I pesci che abitano queste paludi hanno dovuto sviluppare molti elementi alternativi per riuscire ad adattarsi alle condizioni che l’habitat propone. Le paludi asiatiche sono di solito ricche di vegetazione, sia negli argini e soprattutto nelle zone aperte, distendendosi nelle pianure asiatiche. Anche dove l’acqua è più alta la vegetazione raggiunge una densità notevole e i pesci presenti si affidano ad altri sensi piuttosto che alla vista, poiché le fitte foglie presenti riducono di molto la penetrazione della luce. Di solito i fondali sono molto fangosi e abbastanza nutrienti. Molti alberi possono formare delle vere e proprie zone d’ombra intorno alla palude, che comunque non mantiene mai le stesse dimensioni. Infatti durante la stagione secca, spesso per l’evaporazione dell’acqua si divide in pozze e acquitrini: la profondità si riduce di molto e i pesci devono adattarsi alle nuove condizioni. Ma quando ritornano le piogge copiose con l’alternanza delle stagioni, ecco che la palude torna a riunirsi e ad aumentare il suo bacino idrico. In questo periodo i pesci riescono a riprodursi efficacemente, in quanto confluiscono nella palude molti più esemplari da scegliere come compagni e soprattutto il cibo aumenta proporzionalmente al suo ingrandimento, grazie ai semi e frutti degli alberi circostanti o semplicemente agli insetti numerosi che cadono in acqua.
Come anticipato, il fondo delle paludi asiatiche è abbastanza melmoso, fangoso, e contiene molti nutrienti in particolare a base di ferro, grazie alla presenza di molta argilla, la stessa che non fa filtrare l’acqua attraverso il terreno e la mantiene nel bacino formatosi. Anche le temperature sono piuttosto elevate, concedendo un ambiente caldo alle piante e soprattutto molto luminoso. In un contesto di questo tipo si capisce bene che le piante abbiano uno sviluppo enorme: ma attenzione, non sottovalutate il fatto che soprattutto nelle zone aperte, dove l’acqua è più profonda, c’è molta competizione per raggiungere la superficie e quindi la luce. Le piante a stelo crescono molto in fretta in questi ambienti per raggiungere ottime zone illuminate e sviluppare nuove foglie. Le piante galleggianti, invece, che abbondano in questo habitat, riescono a dividersi facilmente e conquistare ampie zone della palude, in quanto non devono lottare per raggiungere la luce ed hanno a disposizione ricchi elementi nutritivi che assorbono dall’acqua.
Poiché nelle paludi il movimento dell’acqua è pressoché minimo, la fitta vegetazione contribuisce nel preservare la calma delle acque. In siffatto ambiente, lo scambio gassoso in superficie che avviene in base al movimento dei liquidi, è altrettanto ridotto, con la conseguenza che le piante hanno a disposizione una buona dose di anidride carbonica per la propria crescita. Ecco quindi che di giorno la folta vegetazione assorbe la CO2 e produce molto ossigeno per tutti gli abitanti della palude. Ma durante la notte avviene l’inverso della fotosintesi, ovvero le piante consumano ossigeno e producono anidride carbonica: sebbene il livello di ossigeno diminuisca, è vero che l’ecosistema è salvo poiché le piante consumano ossigeno meno di quanto ne producano, lasciandolo disponibile per pesci e altri organismi presenti. Tuttavia, da queste considerazioni se ne deduce che il primo mattino e poco prima dell’alba, le paludi sono ambienti molto carenti di ossigeno a causa del consumo notturno. Durante queste fasi, molti pesci riescono a sopravvivere in condizioni ostili per qualsiasi altro animale. In particolare gli Anabantidi, posseggono un organo chiamato labirinto che permette loro di acquisire ossigeno direttamente dall’aria e mandarlo subito in circolo nel proprio corpo. Altri, come i pesci gatto, salgono in superficie per prendere una vera e propria boccata d’aria, anche se la loro assimilazione non è così immediata come nel caso degli Anabantidi. Con l’avvento della nuova fotosintesi la situazione torna a stabilizzarsi grazie alla nuova produzione di ossigeno e al consumo dell’anidride carbonica.
I pesci gatto invece, per adattarsi all’ambiente circostante, si sono muniti di ottimi bargigli sulla bocca che gli consente di ispezionare il fondo alla ricerca di cibo senza dover utilizzare la vista: in genere il fondale delle paludi è fangoso ma anche abbastanza buio in quanto la luce viene schermata dalle molte foglie presenti. Gli stessi gurami, hanno sviluppato per questo motivo degli organi di senso alternativi alla vista: posseggono delle lunghe pinne pettorali, molto sottili che funzionano come antenne sensibili, per prendere coscienza dell’ambiente circostante e degli elementi naturali. Per lo stesso motivo tutti questi pesci con una forte illuminazione non saranno a loro agio, ma se fornirete molti nascondigli e una luce soffusa con molta vegetazione a schermarla, diventeranno molto più intraprendenti ed estroversi.
Allestimento
Per quanto riguarda l’allestimento, sebbene si considerino i pesci i veri protagonisti dell’acquario, in questo caso dovrete fare un’eccezione, in quanto tutti i vostri sforzi devono essere indirizzati alle piante. Potete introdurre molti esemplari asiatici, e utilizzare pochi altri elementi decorativi come legni o rocce. Se proprio desiderate suddividere le zone di competenza di una specie piuttosto che di un’altra, utilizzate il bambù che contribuirà a concedere le caratteristiche di un ambiente asiatico a tutto l’acquario. Fate attenzione solamente a trattarlo con delle vernici apposite per evitare che a lungo possa marcire; inoltre ancoratelo bene nel fondo magari ad un elemento più pesante in quanto questo legno è asciutto e molto leggero. Per avere delle piante in salute e in numero notevole, fornite un substrato fertilizzante e adoperativi per avere impianti di erogazione di CO2 che siano abbastanza efficienti.
Attrezzatevi anche con un impiantino ad osmosi domestico, in quanto l’acqua che dovrete riprodurre sarà tenera e leggermente acida. Infatti in natura la presenza di molti nutrienti e l’assenza di minerali, rendono l’acqua molto tenera con durezza quasi pari a 0. Inoltre, molti pesci di questi ambienti sono molto sensibili a sostanze chimiche che potrebbero essere presenti nell’acqua del nostro rubinetto, rendendoli vittime di altre infezioni cutanee. Con l’acqua ad osmosi non solo raggiungiamo l’obiettivo di ottenere acidità nella vasca, ma sappiamo di avere una purezza che darà salute ai nostri ospiti. Anche per questo motivo il sistema di filtraggio deve essere adeguato alle esigenze dei pesci: scegliete un buon filtro esterno con molto materiale biologico al suo interno.
Un altro elemento della tecnica che potrebbe essere utile nell’allestimento di questo biotopo è senza dubbio il cavetto riscaldante per il fondo. Posizionatelo a serpentina sul fondo dell’acquario e ricopritelo con della sabbia argentata. Successivamente ponete un fondo nutriente e della ghiaia superficiale di media grandezza. Il cavetto darà vita all’effetto di falda freatica, smuovendo i nutrienti verso le radici delle piante che potranno così crescere a vista d’occhio ed avere un terreno riscaldato a proteggerle.
Le piante
Come anticipato, le piante sono l’elemento fondamentale dell’acquario che riproduce il biotopo. Potete quindi scegliere molte alternative per l’allestimento cercando di rispettare le zone di origine delle piante stesse. Sarebbe ideale prendere in considerazione piante cespugliose che producono getti casuali alla ricerca della luce, per riprodurre l’effetto della giungla acquatica che domina la palude. Per questo scopo ottima pianta a stelo può essere la Rotala Rotundifolia che crescerà velocemente per raggiungere la superficie e una volta raggiunta potrà anche schermare parte della vasca. Molto interessanti sono anche le specie di Hygrophila, che possono dare la sensazione di veri e propri alberi acquatici in miniatura. Anche loro raggiungeranno presto la superficie dell’acquario per espandersi in diverse direzioni. Cercate di tagliare sempre la parte che fuoriesce dall’acqua in modo da lasciarle infoltire nella parte sommersa. Per la zona centrale e primo piano ideali sono diverse specie di Cryptocoryne, magari alternando specie a foglie verde e piccolina, con altre a foglia marrone e più adatte al centro per le dimensioni maggiori che raggiungono. Se deciderete di ospitare dei gurami, indispensabili sono le amatissime piante a foglie sottili e soffici, come la Cabomba o il Myryophillum. Abbiate solo la premura di evitare che ci siano troppe particelle sospese in acqua che possano depositarsi tra le foglie di queste piante ed inibire il loro processo foto sintetico. Infine considerate delle piante galleggianti che saranno ottimo rifugio per gli avannotti e soprattutto ottimo punto di ancoraggio per gli Anabantidi nel momento in cui decideranno di costruire il loro famoso nido di bolle per completare la riproduzione. In questo senso la pianta insuperabile è rappresentata dalla Riccia Fluitans, amatissima da tutti i pesci che ospiterete in questo biotopo, anche se potrete ancorarla a qualche appiglio ed ottenere bellissimi cuscinetti verdi. Per arricchire qualche legno che comunque deciderete di inserire utilizzate la Vescicularia Dubyana: le sue estensioni che vagheranno per la vasca saranno graditissime aggiunte alla Riccia Fluitans per ancorare il nido.
I pesci
Per quanto riguarda i pesci, sicuramente molti di quelli già citati sono disponibili nei negozi specializzati di acquariofilia, quindi non avrete alcun problema nel reperirli. Molte sono le possibili alternative: gurami, cobitidi, rasbore e barbi sono tutti ottimi esemplari da considerare come futuri abitanti del biotopo. In particolare i protagonisti dell’acquario saranno i Gurami: sono pesci tranquilli e pacifici da allevare in branco di almeno quattro o cinque elementi. Nella maggior parte dei casi, se trovano le giuste condizioni vi ripagheranno con dei colori meravigliosi e le loro pinne velate. Potete scegliere in base ai vostri gusti personali. Il Trichogaster Leeri mostra uno splendido corpo a mosaico con riflessi perlati magnifici su un fondo marroncino. Durante il periodo dell’accoppiamento il maschio esibisce una forte colorazione rossa nella zona lombare e sotto la bocca. Inoltre, sempre il maschio sviluppa delle estensioni particolari sulle pinne caudali e anali di grande impatto. Non raggiungono dimensioni notevoli e per questo sono ottimi pesci per acquari di dimensioni anche medie. Diverso è il discorso del Trichogaster Tricopterus, che cresce maggiormente ma non oltre i 15 cm. Questo Gurami ha due varianti molto apprezzate in campo acquariofilo: una prima variante blu quasi elettrico presente in natura, e una variante gialla o gold come viene chiamata. La variante blu presenta striature leggermente più scure della stessa tonalità di colore e le caratteristiche tre macchie nere nella parte finale del corpo. Le pinne hanno le stesse connotazioni del Leeri, nel senso che il maschio sviluppa quella dorsale in maniera più copiosa e dalla forma appuntita, tanto che questo elemento è il segno principale di distinzione tra i sessi. Anche le pinne conservano dei fantastici riflessi turchesi che evidenziano la presenza di piccole macchie luminose. La varietà gialla o gold, invece propone striature quasi marroncine, richiamando lo stesso effetto del mantello di una tigre. Entrambi le specie sono più turbolente rispetto al Leeri e quindi va ponderato l’inserimento di più maschi in vasca che porterà quasi sicuramente a degli scontri per decidere quale elemento dominate sugli altri. E’ decisamente meglio inserire un gruppo di quattro femmine ed un maschio per specie, in modo tale da preservare la tranquillità all’interno della vasca. Alternative validissime a queste specie di Trichogaster, sono il Gurami chiaro di luna (Trichogaster Microlepis) e qualche gurami nano, come Colisa Lalia, Colisa Sota o Colisa Labiosa. Per loro valgono le stesse identiche indicazioni date per le specie precedenti. In particolare vi colpirà la meravigliosa livrea del Colisa Lalia maschio, che sfoggia riflessi rossi su un fondo turchese; la femmina sicuramente risulta meno interessante, in quanto più piccolina e pallida nella colorazione argentea rispetto al maschio. Forse il rappresentante di questo biotopo più famoso è il pesce combattente, ovvero il Betta Splendens. Questo pesce resistente e bellissimo, a torto viene preso in considerazione dai principianti per avvicinarsi al mondo dell’acquariofilia. Il Betta Splendens colpisce l’osservatore per le sue pinne lunghe e sinuose e per i suoi colori vivaci. E’ un pesce tranquillo, ma fate attenzione a non mettere due esemplari maschi in vasca, altrimenti uno dei due perirà nel combattimento per definire il dominante: da qui nasce il suo nomignolo di pesce combattente. Alcuni esemplari sono così aggressivi verso altri maschi, tanto da non tollerare la propria immagine riflessa nel vetro dell’acquario. Anche in questo caso la femmina non è all’altezza dei colori del maschio. Tutti questi Anabantidi riescono a riprodursi con rituali di corteggiamento meravigliosi: il maschio accoglie in un abbraccio la femmina che depone le uova che verranno ospitate in un nido di bolle ancorato a qualche pianta galleggiante prodotto dal maschio con un liquido resistente e appiccicoso. Sarà lui a vigilare sul nido e a scacciare chiunque sosti nella zona di sua pertinenza. Sebbene anche le diverse specie di Barbi possano essere incluse in questo biotopo, evitate assolutamente di includerli insieme ai Betta o altri pesci dalle pinne invitanti, in quanto hanno l’abitudine di mordere le pinne lunghe degli altri compagni di vasca. In onor del vero questo accade solo quando sono presenti in numero esiguo e quindi sfogano la loro aggressività sugli altri pesci, piuttosto che fra di loro per stabilire le gerarchie del gruppo. Per la fascia centrale dell’acquario, consiglio vivamente qualche specie di Rasbora: sono pesciolini di branco, inseritene almeno dieci o più e li vedrete nuotare tranquillamente tra la vegetazione in perfetta sintonia con gli altri pesci che ospiterete. Tra le specie più comuni abbiamo il pesce arlecchino (Rasbora Heteromorpha), o la Rasbora hengeli e la rasbora nana (Rasbora maculata). Con i loro colori e movimento renderanno l’acquario più vivace rispetto ai lenti Gurami. Infine, per la zona di fondo, scegliete qualche Cobitide. Onestamente adoro i serpentelli occhio spinoso, meglio conosciuti come Pangio (Pangio Kuhlii). Sono pesciolini dalla forma simile ad una piccola anguilla con una colorazione arancione con bande nere e prediligono essere in gruppo di almeno quattro elementi. Sono pesci molto timidi in fase di ambientamento, ma avrete più possibilità di vederli girovagare sul fondo se fornite loro molti nascondigli e rifugi. Risulta essere bellissimo vederli giocare tra loro attorcigliandosi con grande abilità. A volte è possibile la riproduzione: depongono un grumo di uova verdine su foglie delle piante e le abbandonano al loro destino. Sono ottimi aiutanti per il fondo in quanto ripuliscono incessantemente dagli avanzi di cibo; inoltre ossigenano il fondo stesso grazie alla loro abitudine di sotterrarsi completamente nei substrati sabbiosi. Anche il Botia Macracantha è un buon compagno di vasca, ma rispetto al Pangio, raggiungono dimensioni notevoli e devono essere inseriti anche loro in gruppo. Ma fate attenzione alle dimensioni della vasca che potrebbe con il tempo essere insufficiente alle esigenze dei pesci in età adulta. Purtroppo molto spesso questo pesce viene venduto per la sua proverbiale efficienza nel ripulire gli acquari dalle lumache ed avendo questa prerogativa spesso vengono perse di vista le reali esigenze di questa specie. Non commettete questo errore.